Il nuovo Codice degli appalti sdogana bandi per 93 miliardi

I primi dati, anche se parziali, non lasciano molti dubbi: il mercato degli appalti fiaccato inizialmente dall’ingresso in campo del nuovo Codice 36, ha recuperato in pochi mesi i livelli baldanzosi degli anni passati. E dunque se una frenata c’è stata è cosa superata. O almeno così racconta la Banca dati dell’Anac nel periodo che va dal 1° luglio al 27 novembre. La fotografia, va detto, è statica ma è un indizio più che concreto di come potrebbe chiudersi l’anno. E cioé con livelli di mercato che non si discostano dal 2022 - l’anno del Pnrr - e ancor di più dal 2021. Ma intanto la Commissione europea deposita il suo Assestment sulla quarta rata spendendo parole quasi entusiastiche su molti capitoli del nuovo Codice ma soprattutto sul contestato articolo 50, quello che ridisegna le procedure di affidamento sotto soglia, oggetto per altro di una circolare del Mit che nei giorni scorsi ha chiarito che le gare sono sempre un’opzione percorribili. È «qualcosa che per noi era già molto chiara - dice la presidente dell’Ance Brancaccio - perché avevamo fatto una battaglia quando il codice era venuto fuori dal Consiglio di Stato e di fatto rendeva obbligatorio andare sotto soglia in procedura negoziata senza bando». Per il presidente dell’Anac Giuseppe Busia «prevedere che sia obbligatorio l'affidamento diretto per tutti i contratti per l'acquisto di beni o servizi sopra i 140mila euro e che si arrivi ad assegnare i lavori fino ad oltre cinque milioni di euro senza pubblicare neanche un avviso pubblico rappresentava una forzatura». Ma andiamo per ordine.

Il livello del mercato
I dati, dicevamo, sono parziali: manca tutto il mese di dicembre ma rappresentano comunque una fotografia - seppur statica - di cosa sta succedendo nel mercato. Nei cinque mesi di inaugurazione del Codice sono state bandite procedure - oltre i 40mila euro - per 93,1 miliardi di euro (si veda tabella), di cui 36,3 miliardi di lavori, 27,6 di servizi e 29,1 di forniture. Numeri non incoerenti con la tendenza degli ultimi anni visto che nell’ultima relazione annuale dell’Authority nel 2022 il mercato ha drenato 290 miliardi, di cui però 34 dovuti a due gare monstre, mentre nel 2021, a Pnrr non ancora entrato nel vivo, i miliardi erano 207. «Un primo numero salta all'occhio: sembra essere stato scongiurato l'effetto – che pur inizialmente temevamo – di blocco del mercato a seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice - dice Daniele Branca, responsabile dell'Ufficio Legislativo e del Lavoro di Legacoop Produzione e Servizi - ciò verosimilmente anche grazie alla disciplina transitoria prevista per gli appalti Pnrr (che occupano una quota importante del bandito), che ha consentito di continuare a utilizzare procedure ormai collaudate in tale ambito».

Le procedure
Equilibrata anche la scelta delle stazioni appaltanti di ricorrere alle varie procedure, visto che per esempio sul fronte dei lavori l’affidamento diretto ha cubato 21.964 Cig per 1,4 miliardi di euro con un valore medio di circa 66mila euro a bando e un impatto per valore sul totale del 3,98%. Le gare viaggiano su valori importanti che da sole conquistano il 44% del totale pari a 16 miliardi di euro e con importi medi di 11,6 milioni di euro a bando. L’altra voce che cumula importi alti, pari al 13,14% del totale è la procedura negoziata per affidamenti sotto soglia: 7129 bandi per 4,7 miliardi e ub valore medio di 670mila euro. Stessa tendensa per i servizi con una preponderanza di gare (13,2 miliardi) pari al 49% del totale mentre gli affidamenti diretti conquistano solo l’11% per circa 3 miliardi di euro. Infine le forniture dove la prima voce per importi è l’affidamento diretto in adesione ad accordo quadro o convenzione con circa 8 miliardi in bandi pari al 27% del mercato. In seconda posizione le gare vere e proprie (7,2 miliardi, 25%) e infine gli affidamenti diretti con 2,5 miliardi e l’8,6% del totale. . Branca sottolinea poi una particolarità dell’andamento del mercato dei lavori dove «risalta invece un dato: oltre il 10% del valore complessivo è rappresentato da affidamenti nei settori speciali, avvenuti con procedura negoziata senza previa indizione di gara (con un valore medio per ciascuno di questi affidamenti di oltre 21 milioni di euro)».

L’assestment della Ue e la circolare del Mit
Il fronte politicamente caldo del Codice ha trovato una tregua quando la Commissione Ue, il 1° dicembre, ha sbloccato il versamento della quarta rata del Pnrr al governo italiano. Il documento di accompagnamento di quella decisione, l’Assestment, dedica diverse pagine alla riforma del Codice degli appalti e richiama il criterio del ricorso alle gare anche nelle procedure sotto soglia comunitaria. Dice Bruxelles che «l'articolo 50 del Codice degli appalti mantiene la semplificazione procedurale prevista dall'articolo 51 del DL n. 77/2021, già valutata al punto M1C1-69, per i contratti inferiori alle soglie comunitarie». E poi aggiunge che «le procedure semplificate sono da intendersi come opzione alternativa alle procedure standard, alle quali si potrebbe anche ricorrere». È una presa d’atto che arriva dopo che il ministro Salvini ha diramato una circolare, piuttosto controversa e mai citata da Bruxelles nel documento, in cui stabilisce lo stesso identico principio: l’indicativo presente contenuto all’articolo 50 quindi non va interpretato in senso perentorio ma come una delle possibilità concesse alle stazioni appaltanti. «Noi volevamo anche abbassare la soglia entro la quale si poteva andare senza procedura di evidenza pubblica, poi c'è stata una mediazione tra noi, Comuni e Mit per dire almeno lasciamo la libertà di andare con procedura aperta o negoziata», spiega ancora la presidente dell’Ance Brancaccio. Gli fa eco l’Anticorruzione per bocca del suo presidente Busia: «La circolare con la quale il ministero delle Infrastrutture interviene sulle procedure sotto soglia (affidamenti diretti e procedura negoziata senza bando) è una evidente marcia indietro del Governo, e mostra che le nostre obiezioni erano fondate. Lo fanno con una circolare e non – come sarebbe stato necessario - con legge, ma rappresenta comunque un importante passo avanti». Per Anac «la trasparenza ‑ specie in tempi di digitalizzazione ‑ non solo non fa perdere tempo, ma lo fa guadagnare, sia perché la gara occupa da sempre una piccola percentuale di tempo rispetto alla fase autorizzatoria ed all'esecuzione, sia perché solo le imprese selezionate in modo trasparente per essere migliori e non più amiche, sono in grado di portare avanti rapidamente i lavori».

Le questioni di diritto
La circolare Salvini ha sollevato più di una questione tra i giuristi. «C'è più di un aspetto che non convince», chiosa Dario Capotorto, partner dello studio Vinti. Secondo il giurista esperto di appalti «non convince l'idea che le procedure ordinarie possano essere fungibili con le procedure dedicate all'affidamento degli appalti sotto la soglia di rilevanza europea». E quindi «la decisione di ricorrere a un tipo di procedura piuttosto che a un'altra ha un impatto diretto sui tempi (in termini di sensibile allungamento in caso di ricorso alle procedure ordinarie): ipotizzare che vi sia una sostanziale fungibilita' vuol dire non considerare i costi di transazione connessi all'impiego di procedure più complesse e costose (innanzitutto per la stessa amministrazione)». Secondo Capotorto poi «la circolare non sembra coerente con la priorità attribuita ai principi del risultato e della fiducia che, viceversa, impongono l'adozione di scelte indirizzate verso il contenimento dei tempi di gestione dell'attività di approvvigionamento». Ma a sollevare più di un dubbio c’è anche lo strumento utilizzato per chiarire il dettato dell’articolo 50 che viene considerata «inidonea a innovare regole e principi collocati secondo una sistematica ben precisa nel nuovo Codice».

Fonte : ilsole24ore.com